Lo studio del cervello intero, osservato nella sua complessità.
Il Professor G.Moruzzi dell'Università di Pisa, si occupava dei processi della visione e voleva capire se il riconoscimento dell'immagine di un oggetto che si imprime sulla retina e termina nella parte occipitale del cervello avvenisse meccanicamente o vi influisse anche l'apprendimento, legato,pertanto,all'esperienza di ciascuno. A seguito di esperimenti , il Prof. Moruzzi si rese conto che la visione costruiva il cervello in maniera diversa a seconda della percezione, evidenziando in maniera incontestabile che la struttura del cervello si modificava: non era simile a un cristallo.
Questa acquisizione fornì la base scientifica all'asserzione che il nostro cervello dipende sì dai geni, ma anche dalle esperienze.
All'interno di questo filone di ricerca si distingue un altro grande nome, quello di E. Kandel, biologo.
Egli riuscì a dimostrare che ciò che si definiva apprendimento era leggibile nel cervello come una serie di operazioni chimiche. E per questo ottenne il Premio Nobel.
Era, quindi, chiaro che l'ambiente e le esperienze modificavano il cervello.
Nello stesso ambito c'erano state altre ricerche stupende: quelle di K. Lorenz tra le varie, zoologo.
Trasportato il suo significato nell'uomo, si implica che in parte il nostro cervello è fissato deterministicamente , ma in parte è plastico, rimane capace di modificarsi a seconda degli stimoli e delle esperienze. Si chiarì che nel nostro cervello sono presenti specifiche zone che rimangono reattive all'esperienza per tutta la vita e la loro effettiva modificazione dipende esclusivamente della esperienza del singolo.
Tratto da " I miei matti, ricordi e storie di un medico della mente", Vittorino Andreoli, Rizzoli.